sabato 12 aprile 2008

Compito 6..o forse no..

Come al solito in immenso ritardo, questo dovrebbe essere il mio compitino sul seminario I care organizzato dal prof, ma più che un compitino è diventato uno sfogo.
L’8 aprile è stata una mattinata davvero entusiasmante, che mi ha portato a fare i conti con me stessa. I ragazzi dell’organizzazione m’illumino d’immenso sono fantastici e mi hanno risvegliata da un sogno, ormai diventato quasi incubo. Grazie a loro mi sono ritrovata a pensare, a chiedermi perché ho intrapreso questa strada, perché voglio fare proprio il medico e non il panettiere, l’insegnante o magari l’astronauta?! C’è stato un periodo in cui quando mi chiedevano perché volevo fare il medico la mia risposta era immediata, decisa, non avevo alcun dubbio: voglio fare il medico per i sorrisi della gente. Credo che nulla al mondo riesca a riempirti più di un sorriso sincero, niente riesce a farti sentire così vivo come la risata di un bambino, una di quelle che sembrano partire dallo stomaco e che poi restano nell’aria. Ora vi chiederete perché se è così che la penso non ho fatto il comico, dato che il medico si può dire che venga incontrato solo se costretti e sotto tortura (sono la prima che ha una paura assurda del dentista!!!); bhè non so se riesco a spiegarmi ma credo che il medico è proprio questo che tenta di fare, ovvero cerca di riportare il sorriso dopo la sofferenza e lo fa curandoti o curando una persona a cui vuoi bene, lo fa rassicurandoti con la sua presenza. Magari vi sembrerò presuntuosa ma è proprio questo che voglio fare. Anche se l’anno passato (drammaticamente iscritta a biologia per non aver passato i test di ammissione) mi ha portato a perdere di vista il mio “perché”, è stato un anno in cui non ho fatto altro che ripetermi che medicina è una facoltà come un’altra, che è solo una professione e che non è detto che sia la mia strada. Poi a settembre la svolta, ho rifatto il test quasi con paura e con terrore ho scoperto di averlo passato. Terrore perché non mi ci identificavo più, non riuscivo più a trovare il mio “perché”, con il rischio di diventare uno di quei dottori che non chiedono mai al proprio paziente “come va?”, che non si presentano mai e che cercano in ogni modo di instaurare un certo distacco. Non è quello che voglio. Non è questo il mio sogno. Non è questo quello per cui ho “lottato” (perché per me è stata una battaglia anche solo riuscire a iscrivermi). Poi è arrivato l’8 aprile, ho visto quello che dei ragazzi come me sono in grado di fare, ho visto il loro entusiasmo, la loro grinta, il loro impegno, la loro passione. E ho deciso che voglio ritrovare la mia. Grazie ragazzi.
Ovviamente più di 200 parole...ops..

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